Quando il mediatore matura il diritto alla provvigione?

In tema di mediazione, ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, non è sufficiente che l’affare sia stato concluso, ma, in forza dell’art. 1755 c.c., occorre che la conclusione sia avvenuta per effetto dell’intervento del mediatore, il quale, cioè, deve avere messo in relazione i contraenti con una attività causalmente rilevante ai fini della conclusione del medesimo affare.

(Tribunale Verona, sez. III, 03/02/2014)

 

Il conferente che rifiuta, anche ingiustamente, l’affare proposto dal mediatore, viene sempre meno al suo dovere di corrispondere una provvigione?

Qualora sia previsto da contratto, per il caso in cui il conferente l’incarico rifiuti anche ingiustificatamente di concludere l’affare propostogli dal mediatore, un compenso in misura identica (o vicina) a quella stabilita per l’ipotesi di conclusione dell’affare, il giudice deve stabilire se tale clausola determini uno squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti e sia, quindi, vessatoria, ai sensi dell’art. 1469 bis, comma 1, c.c. (ora art. 33, comma 1, codice del consumo), salvo che in tale pattuizione non sia chiarito che, in caso di mancata conclusione dell’affare per ingiustificato rifiuto, il compenso sia dovuto per l’attività sino a quel momento esplicata. Qualora, invece, il rifiuto di concludere l’affare tragga origine da circostanze ostative, di cui il conferente l’incarico abbia omesso di informare il mediatore al momento della conclusione del contratto o cui abbia dato causa successivamente, è configurabile una responsabilità dello stesso conferente per la violazione dei doveri di correttezza e buona fede. In tal caso la previsione dell’obbligo di pagare comunque la provvigione può integrare una clausola penale.

(Tribunale Roma, sez. X, 13/11/2013, n. 22770)

 

Qual è il comportamento che deve essere tenuto dal mediatore durante lo svolgimento della propria attività?

ll mediatore, nello svolgimento della propria attività, ha l’onere di interporsi in modo neutrale tra i due contraenti mettendoli in relazione, favorendo il superamento delle loro divergenze e contribuendo a farli pervenire alla conclusione dell’affare (cui è subordinato il diritto al compenso), ed è obbligato a comportarsi con correttezza e buona fede, riferendo alle parti tutte le circostanze dell’affare di cui sia a conoscenza e quelle che avrebbe dovuto conoscere con l’uso della diligenza che gli è richiesta

(Tribunale Teramo, 09/10/2013, n. 916)

 

E’ possibile che il diritto al compenso del mediatore scatti al momento della firma del preliminare tra le parti?

Si è possibile, così è quanto stabilito dal Tribunale di Rovigo in una sentenza del 2012, la quale determina come all’agente immobiliare spetti la provvigione in virtù del rapporto di mediazione tipica e non di mandato, per cui è dal momento della stipulazione del contratto preliminare che decorre il dies a quo del termine prescrizionale del diritto al compenso poiché la domanda di pagamento della provvigione scaturisce dal rapporto di mediazione tipica e non di mandato. E’ utile in questo caso ricordare come la definizione dell’affare coincide con la conclusione del preliminare, atteso che, una volta firmato quest’ultimo, le parti sono tenute alla stipulazione del definitivo, il quale, in assenza di diversa volontà contrattuale, deve presentare il contenuto del primo.

(Tribunale Rovigo, Sentenza 19.10.2012)

 

Matura il diritto alla provvigione il mediatore che si limita a far visitare l’immobile?

Assolutamente no, infatti pur non essendo necessario ai fini del diritto del mediatore al pagamento della provvigione che questi abbia partecipato a tutte le fasi della trattativa e sino all’accordo definitivo, è tuttavia indispensabile che la messa in relazione delle parti, ad opera del mediatore, costituisca l’antecedente necessario per pervenire alla conclusione dell’affare. Se l’attività del mediatore si limita alla visita dell’immobile in vendita senza aver in alcun modo messo in contatto venditore e acquirente o non aver avviato tra le stesse alcuna trattativa, questo non maturerà nessun diritto sulla provvigione prevista per il mediatore ai sensi dell’art. 1755 c.c.

(Corte di Cassazione civile, sentenza n. 21095 del 16 settembre 2013)

 

Che cosa si intende per “Mediazione Atipica”?

La mediazione immobiliare atipica ricorre quando il mandante attribuisce al mediatore non il generico compito di vendere, ma quello più specifico di ricercare il potenziale acquirente a condizioni preliminarmente individuate. Per la conclusione del contratto di compravendita immobiliare non rileva tanto il ruolo attribuibile al mediatore, quanto l’evoluzione negoziale che si svolge tra le parti”. Si è da poco espressa così la Suprema Corte tornando a ribadire l’esistenza, accanto alla figura della mediazione tipica, prevista negli artt. 1754 c.c. ss., di una forma atipica di mediazione, sussumibile nell’ambito della disciplina dettata in materia di mandato, affermando che la stessa ricorra allorché il mediatore non abbia il semplice ruolo di occuparsi della vendita dell’immobile, ma quando debba ricercare un potenziale acquirente del bene sulla base di condizioni preventivamente stabilite.

(Corte di Cassazione, sez. II, 27 febbraio 2014, n. 4745)

 

Come determinare la provvigione del mediatore in mancanza di accordi?

La Suprema Corte, ha ricordato che se le parti non ne hanno stabilito la misura e se neppure è provata l’esistenza di tariffe professionali o di usi locali, la provvigione dovuta al mediatore deve essere determinata dal giudice secondo equità. Ciò perché secondo l’art. 1755 la misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità. Primo criterio da applicare per determinare l’ammontare della provvigione è quello di verificare se ci sia o meno un accordo tra le parti; solo quando tale ricerca avrà dato esito negativo si potrà ricorrere, in successione, alle tariffe professionali, agli usi locali o, in mancanza, all’intervento del giudice. In altre parole i criteri sopra detti hanno carattere sussidiario, nel senso che essi dovranno trovare applicazione in ordine successivo tra loro.

(Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 31 luglio 2012, n. 13656)

 

Quando un “mediatore” non iscritto matura il diritto alla corresponsione?

Si ha attività di mediazione solo quando l’intervento del mediatore sia stato la causa della conclusione dell’affare non significa elevare al rango di attività mediatoria qualsiasi antecedente causale che ha condotto alla conclusione di quello. Se così non fosse, si dovrebbe pervenire all’irrazionale conclusione di qualificare come “mediatore” ex art. 1754 c.c. sinanche il tassista che accompagni il contraente nel luogo scelto per le trattative, o il cartolaio che fornisca ai contraenti i fogli per la stesura della minuta contrattuale”. Così si è da poco pronunciata in materia la Corte Suprema specificando come sarebbe del tutto errato scambiare qualunque collaborazione prestata ad uno dei potenziali contraenti “causa” della conclusione dell’affare. Un affare può dirsi concluso “per effetto” dell’intervento del mediatore (secondo la previsione dell’art. 1755 c.c.) non quando questi abbia svolto un generico ruolo di assistenza, consiglio o consulenza di una delle parti, ma quando abbia svolto un’opera di reperimento od avvicinamento tra queste, nel senso sopra indicato. È necessario, quindi, che “tra l’attività del mediatore ed il negozio giuridico ai fini del quale egli ha prestato la sua opera vi sia un rapporto di causalità per cui il contratto principale, nel suo contenuto essenziale, appaia come il risultato utile dell’attività dell’intermediario.

(Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 ottobre 2013, n. 24118)

 

Quando comincia a decorrere il termine di prescrizione per il diritto alla provvigiorne del mediatore?

In materia di contratto di mediazione, il termine di prescrizione del diritto alla provvigione decorre dalla data del rogito notarile, ma tale termine, nel caso vi sia stato un comportamento doloso delle parti volto a nascondere che l’affare si è concluso, decorre dalla data in cui il mediatore ha avuto conoscenza dell’affare.

Secondo la Suprema Corte potrà essere riconosciuta la sussistenza della causa di sospensione di cui all’art. 2941, n. 8, c.c. quando l’occultamento al mediatore dell’esistenza dell’obbligazione di debito è l’effetto di una condotta ingannatrice e fraudolenta.

(Corte di Cassazione, sez. III, sentenza 21.11.2011 n° 24444)

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